Appunti dalle lezioni del prof. Sanfilippo sulle principali patologie dell'apparato locomotore: dalle fratture, alle patologie del ginocchio, dell'anca, della spalla, della schiena, al piede. Ampia e detteagliata spiegazione di anatomia, sintomi, diagnosi e trattamento.
Malattie dell'apparato locomotore
di Irene Mottareale
Appunti dalle lezioni del prof. Sanfilippo sulle principali patologie dell'apparato
locomotore: dalle fratture, alle patologie del ginocchio, dell'anca, della spalla,
della schiena, al piede. Ampia e detteagliata spiegazione di anatomia, sintomi,
diagnosi e trattamento.
Università: Università degli Studi di Palermo
Facoltà: Scuola Universitaria Interfacoltà in Scienze
Motorie
Esame: Malattie dell'apparato locomotore
Docente: Sanfilippo1. Fratture
Definizione: per frattura si intende l’interruzione della continuità anatomica di un osso o di un segmento
scheletrico
Nell’ambito di questa definizione ci sta anche un accenono a quelle che possono essere le possibili cause,
per cui, da un punto di vista prettamente classificativo legato all’eziologia delle fratture, distinguiamo:
Fratture TRAUMATICHE: sono quelle che riconoscono la forza in grado di superare una resistenza
intrinseca dell’osso. Viene ad essere definito che la frattura è per lo più conseguenza di traumi siano essi
UNICI, MULTIPLI o RECIDIVANTI; Tutte le fratture sono effettivamente conseguenza di un trauma? No.
Allora vediamo da che cosa possono essere dipendenti. Quindi accanto alle fratture traumatiche ci sono
Fratture PATOLOGICHE quindi legate a patologie di tipo diverso, molto frequentemente possono essere
fratture a carattere osteoporotico però ci stanono anche quelle conseguenti a tumori che si possono
sviluppare all’interno dell’osso e che in un determinato momento ne interrompono anche la continuità, ci
sono poi tante altre malattie (ma su queste non ci soffermiamo).
Altre possibili cause che non siano ne traumatiche ne patologiche:
Fratture CHIRURGICHE: che possono seguire ad un’amputazione nella quale andiamo ad interrompere il
segmento scheletrico lì dove devo effettuare la sede dell’amputazione stessa; per cui ad esempio
l’amputazione più comune dell’arto inferiore si fa al terzo medio di coscia ecco che il chirurgo ortopedico
deve andare a sezionare la diafisi femorale, anche quella è un’interruzione anatomica del segmento
scheletrico,in questo caso diatrogena. Questo tipo di fratture non per forza devono essere conseguenza di
un’amputazione ma possono essere anche una correzione di una deviazione assiale o di altro tipo
Fratture DA DURATA: dette anche “da stress”, sono fratture che si verificano soprattutto in ambito sportivo
legate a cosiddetti microtraumi ripetuti, per cui in pratica esiste una differenziazione tra le fratture
traumatiche e quelle da durata perché in quest’ultime la causa non è unica ma è multipla e ciascuna di queste
cause risulta essere di piccolissima entità, in grado da sole di non provocare alcun tipo di lesione
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Malattie dell'apparato locomotore 2. Fratture traumatiche
È in base a come si estrinseca questa forza sul segmento osseo che abbiamo la possibilità di distinguerle in:
fratture DA TRAUMA DIRETTO: è quella frattura che si viene a verificare lì dove ha agito la forza
traumatica, onde per cui se io decido di dare una gomitata su un pilastro e mi fratturo l’olecrano ecco che la
mia sarà una frattura da trauma diretto perché la forza ha agito direttamente sul mio olecrano.
fratture DA TRAUMA INDIRETTO: quando invece la frattura avviene a distanza, cioè fratture legate a un
trauma distante rispetto alla sede della frattura stressa (in cui la rima di frattura è distante rispetto a dove
viene esplicata la forza). Abbiamo 4 possibilità da distinguere:
Fratture PER FLesSIONE: esempio quando la forza viene ad agire a livello del gomito è possibile che una
forza che agisca in questa sede venga a provocare una frattura del gomito stesso e allora in questo caso
rientreremmo nelle fratture da trauma diretto, ma è possibile anche che questa sede resista, l’omero vada
incontro a fenomeni di flessione della diafisi e la rima di frattura si verifichi a livello del terzo medio e come
tale a distanza rispetto a dove si è esplicata la forza stessa.
Fratture PER TORSIONE: sono frequenti soprattutto a livello della gamba nel momento in cui la forza viene
esercitata a livello del piede che rimane bloccato, tibia e perone subiscono dei movimenti di rotazione, ecco
che la frattura anche in questo caso è una frattura da trauma indiretto perché distante rispetto a dove la forza
è stata esercitata.
(essendo un discorso legato sulla meccanica il decorso della rima stessa ci può indicare anche le modalità
del trauma, per cui una frattura per flessione da di solito un decorso grosso modo orizzontale abbastanza
netto, una frattura per torsione viene invece ad avere un tipico aspetto spiroide e ci dice già come questa
forza si è esplicata sul segmento osseo stesso)
Fratture PER COMPResSIONE: supponiamo un soggetto che cade dall’alto, la cosa più frequente se cade
con i piedi è la frattura di calcagno e in questo caso è ovviamente una frattura da trauma indiretto, ma
talvolta si può associare alla frattura di calcagno(che può anche non esserci) una frattura dei corpi vertebrali
che subiscono dei fenomeni di compressione e possono essi stessi andare in contro a fratture. Il decorso è di
solito orizzontale o pluriframmentario, soprattutto questo tipo di fratture avvenendo su osso spugnoso
determinano un vero e proprio sbriciolamento del tessuto osseo (osteoporosi)
Fratture PER STAPPAMENTO dette anche avulsioni: sono legate al fatto che nei nostri segmenti ossei
esistono delle vere e proprie salienza, delle sporgenze ossee, delle apofisi su cui si inseriscono tendini o
legamenti e può accadere che in seguito a quella che è l’azione muscolare o il movimento in genere questi
tendini o questi legamenti vengono a strappare quella porzione ossea su cui essi stessi si inseriscono . Ad
esempio a livello del ginocchio noi abbiamo l’apofisi tibiale anteriore su cui si inserisce il tendine rotuleo,
può accadere che in seguito a quello che è un brusco movimento del ginocchio stesso può rompersi il
tendine e quindi siamo fuori dal nostro argomento ma può accadere invece che il tendine resiste e strappi via
il piccolo frammento osseo su cui si inserisce quindi in questo caso abbiamo un distacco dell’apofisi tibiale
anteriore o un’avulsione che dir si voglia. Lo stesso vale per i legamenti per esempio a livello
dell’epicondilo,a livello dell’epitroclea per quanto riguarda i legamenti collaterali del ginocchio.
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Malattie dell'apparato locomotore 3. Fratture chiuse ed esposte
Un altro criterio classificativo abbastanza importante è quello che ci permette di distinguere :
Fratture CHIUSE: nel nostro immaginario tutte le fratture sono in realtà chiuse, cioè avvengono tutte con il
mantenimento dell’integrità del mantello cutaneo ma esiste anche la possibilità che l’osso una volta
fratturato fuoriesca (in questo caso i frammenti ossei non hanono alcun contatto con l’ambiente esterno
quindi sono fratture in cui il frammento cutaneo risulta praticamente integro)
Fratture esPOSTE: è legata alla fuoriuscita del tessuto osseo al di fuori della cute e quindi a contatto con
l’ambiente esterno
Questo tipo di distinzione è molto importante perché le fratture esposte sono fratture che possono andare in
contro a una complicanza molto temibile in campo ortopedico che è quella della infezione. Nel momento in
cui il tessuto osseo entra in contatto con l’ambiente l’esterno subisce una contaminazione germica e questi
germi trovano nell’ambito del tessuto osseo un terreno estremamente fertile per la loro proliferazione; a
differenza degli altri tipi di infezione in cui è sufficiente una terapia antibiotica per un due tre giorni che di
solito risolve il problema nel tessuto osseo invece il problema è molto più rilevante perché da un lato è un
ottimo substrato per la crescita di germi e particolarmente ricco di sangue , dall’altro è un tessuto molto
difficilmente aggredibile dagli antibiotici, ne deriva che nel momento in cui dovesse svilupparsi un processo
infettivo a livello dell’osso detta osteite o osteomielite questa risulta essere un’affezione particolarmente
grave che può durare addirittura per mesi o per anoni; per curarla deve essere prevenuta con un trattamento
antibiotico, cioè una frattura esposta deve sempre essere trattata quanto prima possibile con terapia
antibiotica di copertura, e nel momento in cui si dovesse sviluppare le possibilità di intervento sono da un
lato l’intervento farmacologico quindi il ricorso a antibiotici di altro tipo che possono combatterla oppure
nei casi estremi il ricorso alla chirurgia. La chirurgia può prevedere anzitutto una pulitura del focolaio
quindi un lavaggio abbondante che dovrebbe rimuovere quanto più possibile questi germi, ma nei casi
estremi si può ricorrere a interventi di resezione ossea per osteomieliti cioè si porta via la parte di osso
infetto e poi con particolari sistemi che sono dei fissatori esterni si fa ricrescere la parte mancante con del
tessuto osseo ex novo (teconica dell’ascensore, di cui parleremo più avanti).
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Malattie dell'apparato locomotore 4. Classificazione delle fratture in base allo scheletro
In rapporto al numero delle interruzioni scheletriche, distinguiamo:
Fratture UNIFOCALI: una sola rima di frattura e quindi due frammenti ad esempio nel caso della rima di
frattura diafisi aria di femore si ha un frammento prossimale e una distale
Fratture BIFOCALI: con due rime di frattura
Fratture TRIFOCALI
In rapporto al livello scheletrico,distinguiamo:
fratture DIAFISIARIE
fratture METAFISIARIE
fratture EPIFISIARIE
Quindi per quanto riguarda le ossa lunghe,abbiamo la possibilità di identificare bene la sede della frattura
facendo ricorso a questo tipo di distinzione
In rapporto all’irradiazione della rima di frattura:
fratture ARTICOLARI: quando avvengono in quelle parti di un segmento osseo che partecipano ad
un’articolazione, per esempio la testa o il collo del femore che partecipano all’articolazione dell’anca è
chiaro che nel momento in cui la frattura viene a coinvolgere questa parte si parla appunto di fratture
articolari
fratture EXTRA-ARTICOLARI: quando la frattura è di tipo diafisiario
E’ un criterio abbastanza importante perché in linea generale le fratture articolari sono delle fratture più
gravi rispetto a quelle extra-articolari dal momento che in sede articolare viene ad essere svolto il
movimento e quindi abbiamo l’assoluta necessità che la superficie venga ad essere rispettata dal punto di
vista anatomico, ciò non sempre può avvenire e quindi questo può provocare ostacoli al movimento e in
ogni caso una frattura che si sviluppa in sede articolare predispone all’insorgenza di fenomeni degenerativi
successivi negli anoni che portano all’artrosi.
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Malattie dell'apparato locomotore 5. Classificazione delle fratture in base alla rima
Altro criterio classificativo è quello che ci permette di distinguere:
fratture COMPLETE: possono essere distinte in base al decorso della rima di frattura
frattura TRASVERSALE, con decorso della rima orizzontale
OBLIQUA, con decorso della rima di tipo diagonale
SPIROIDE, con decorso della rima di frattura che avvolge a spirale la diafisi stessa
COMPLesSE, in cui si viene a determinare una situazione un po’ particolare, è il caso per esempio di quel
tipo di frattura in cui la rima viene a staccare un terzo frammento (esempio frattura ad ala di farfalla)
COMMINUTE: in cui il numero delle rime di frattura è notevole, talvolta non si distingue neanche perché
l’osso è addirittura polverizzato
fratture INCOMPLETE: possono essere di tre tipi,
Fratture A LEGNO VERDE: sono specifiche di un età, quella del bambino perché a differenza dell’osso
dell’adulto presenta un periostio molto più spesso e costituisce un vero e proprio manicotto intorno all’osso,
per cui può accadere che l’osso può interrompersi e il periostio rimane integro. Nell’adulto questo tipo di
fratture non si possono verificare perché il periostio si assottiglia, può addirittura scomparire (talvolta
intraoperativamente non si riesce ad apprezzare)quindi sicuramente in seguito ad un trauma il periostio salta
subito, si interrompe così come l’osso
INFRAZIONI: come ad esempio le infrazioni costali o del piatto tibiale; sono rime di frattura che non
riescono a raggiungere il versante opposto perché in pratica la forza traumatica si esaurisce prima (si
interrompono prima perché perdono di forza), praticamente sono “un aborto di frattura”, la frattura inizia ma
non riesce a completarsi
INFOSSAMENTI: si vengono a verificare in zone ben precise del nostro tessuto osseo, cioè lì dove è
presente il tessuto spugnoso, costituito da varie trabecole che si intersecano fra loro e che vengono a
delimitare degli spazi pieni di sangue, può accadere che una forza che agisca su questo tessuto spugnoso
venga a determinare una compattazione delle lamelle ossee che vengono a schiacciarsi fra di loro, ecco che
si determina un infossamento.( Ad esempio nell’epifisi prossimale della tibia ci sta del tessuto spugnoso,
supponiamo che un soggetto cada dall’alto, il condilo femorale vada a schiacciare il piatto tibiale, le lamelle
si compattano tra loro e vengono a determinare uno schiacciamento che prende il nome per l’appunto di
infossamento. Un’altra sede abbastanza frequente di infossamento è per esempio il calcagno perché qui è
largamente rappresentato il tessuto spugnoso che può quindi compattarsi )
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Malattie dell'apparato locomotore 6. Fratture composte e scomposte
In rapporto all’eventuale spostamento dei frammenti,distinguiamo:
fratture COMPOSTE : quelle in cui i frammenti di frattura non subiscono alcun scostamento per cui la
morfologia dell’osso viene ad essere assolutamente conservata.
fratture SCOMPOSTE : quando i frammenti subiscono un qualunque tipo di spostamento nello spazio.
Tenendo presente che le fratture scomposte possono essere conseguenza di un evento traumatico
particolarmente violento che ha spostato i frammenti in maniera diretta, talvolta lo spostamento può essere
legato a cause secondarie (ad esempio una frattura dell’olecrano è quasi sempre una frattura scomposta, ma
la scomposizione non è tanto legata alla forza traumatica che ha agito su di esso quanto al fatto che nel
momento in cui l’olecrano si frattura c’è l’azione del tricipite sul frammento prossimale che si tira verso
l’alto il frammento stesso e quindi scompone secondariamente la frattura, questo è un esempio che può
essere ripetuto in altre parti del nostro organismo).Sempre nell’ipotetica possibilità di dovere descrivere una
frattura senza avere un quadro radiografico davanti ecco che possiamo fare riferimento anche a questo tipo
di terminologia, possiamo avere infatti fratture scomposte:
AD LATUS quando i frammenti subiscono uno spostamento laterale dell’uno rispetto all’altro
AD LONGITUDINEM in cui i monconi vengono a sovrapporsi lungo l’asse longitudinale
AD AXIM in cui i frammenti vengono a formare delle angolature che di solito sono angolature in varo o in
valgo
AD PERIPHERIAM cioè rotazionale di tutto il segmento
Le prime tre scomposizioni si possono apprezzare sul piano frontale (paragrafia fatta in antero-posteriore
con il soggetto disposto davanti), mentre l’ultima deve essere apprezzata almeno in due posizioni una
antero-posteriore e l’altra laterale.
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Malattie dell'apparato locomotore 7. Quadro clinico delle fratture
esistono :
SEGNI DI CERTEZZA, sono due e sono segni che non vanno ricercati perché sono molto dolenti e possono
talvolta essere anche pericolosi, solo che talvolta abbiamo la possibilità di poterli percepire ad esempio
quando il soggetto viene ad essere spostato dalla lettiga dell’ambulanza al letto del reparto o quando compie
movimenti senza che effettivamente se ne renda conto:
crepitazione (segno uditivo) è estremamente doloroso, si strofinano i due frammenti uno sull’altro e si sente
un rumore che non ci lascia dubbi sulla presenza della frattura
motilità preternaturale (segno visivo) movimento abnorme (lì dove il movimento non ci dovrebbe essere)
che non può essere ricercato e che è quindi un reperto assolutamente occasionale (ad esempio un soggetto
che si procura una frattura di gamba, cade a terra, non ha la percezione della gravità, prova a rialzarsi
alzando la coscia, alza il ginocchio, alza l’epifisi prossimale della tibia e la restante parte essendo una
frattura di gamba quindi completa di tibia e perone cade verso il basso)
SEGNI DI PROBABILITA':
dolore (perché se dò una gomitata al muro posso essermi procurato una frattura ma anche una banale
contusione, dipende poi dalla mia risposta al dolore),
gonfiore o tumefazione,
ecchimosi (versamento di sangue a livello sottocutaneo, visibile alcune volte in superficie ma non sempre
affiora quindi è un segno clinico che posso rilevare ma anche no per questo è un segno di probabilità, e che
si verifica non prima delle 24/48 ore e quindi ha importanza medico legale perché se viene in pronto
soccorso qualcuno che dice sono caduto dal motorino 5 min fa e presenta l’ecchimosi vuol dire che c’è
qualcosa che non va),
impotenza funzionale,
atteggiamento,
deformità (se ho una frattura di omero e mi trovo un soggetto con una grossa deviazione assiale dell’omero
devo o posso pensare che si tratti effettivamente di una frattura; la deformità insieme all’esposizione è un
segno di elevatissima probabilità ma non di certezza perché il soggetto può per esempio avere avuto in
passato una pregressa frattura che è guarita in viziosa consolidazione e il nuovo evento traumatico può non
per questo essere legato ad un evento fratturativo ma può anche essere legato ad un semplice evento
contusivo)
ESAME RADIOGRAFICO
Tutte le fratture (il 90%) possono essere diagnosticate con un semplice esame radiografico dai costi
estremamente più passi rispetto ad una TAC o ad una risonanza, le proiezioni ortogonali devono essere
almeno due per avere una visualizzazione completa e per non essere tratti in inganono e talvolta per alcuni
tipi di frattura possono essere richieste delle proiezioni particolari
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Malattie dell'apparato locomotore 8. Processi di guarigione di una frattura - formazione del callo osseo
La frattura tende spontaneamente a riparare con formazione del callo osseo destinato a reintegrare la
funzione statica e dinamica dell’osso.
E’ un processo che inizia nell’istante stesso in cui la frattura si è venuta a verificare e ha un decorso del
tutto naturale, che risulta essere abbastanza complesso e in qualunque momento può subire un’interruzione,
di conseguenza avrò anche la mancata guarigione della frattura.
Perché una frattura guarisca è necessario che siano assicurati:
- il contatto reciproco delle superfici di frattura, ciò significa che se ho una frattura scomposta devo
riportarla in maniera tale che le superfici si fronteggino e quindi devo operare una cosiddetta riduzione
- l’immobilità dei frammenti ossei, in modo che non subiscano spostamenti che possono alterare il processo
di callogenesi
- una adeguata vascolarizzazione dei frammenti ossei, perché questo il processo di guarigione risulta essere
mediato dalle cellule ematiche e quindi richiede necessariamente che i frammenti mantengano la loro
vascolarizzazione in esito alla frattura.
I tempi di guarigione di una frattura risultano essere estremamente variabili, infatti la durata del normale
tempo di consolidazione dipende da tre variabili:
- la sede scheletrica
- tipo di frattura
- età del paziente (di solito i soggetti più giovani guariscono prima rispetto ai soggetti anziani)
Fasi della osteogenesi ripartiva delle fratture
-fase di formazione e di organizzazione dell’ematoma (= travaso emorragico)
-fase di proliferazione e differenziazione tissutale in senso osteogenetico (le cellule ematiche sopraggiunte a
livello del focolaio di frattura si differenziano in osteociti)
-fase di maturazione (cioè indurimento, calcificazione de callo) e successivamente fase di rimodellamento
(cioè rimaneggiamento del callo che tende a fare scomparire quelli che sono i segni di frattura veri e propri)
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Malattie dell'apparato locomotore 9. Complicanze delle fratture: generali
Si differenziano in base ai tempi di insorgenza:
IMMEDIATE (sono quelle che si verificano subito, istantaneamente al momento stesso in cui è avvenuta la
frattura)
Shock (sintomi: stato di ipotensione,tachicardia,sudorazione,pallore,vertigini,perdita di coscienza;
generalmente si presenta nel caso di fratture di una certa importanza,soprattutto nei soggetti
politraumatizzati )
PRECOCI (insorgono a distanza di 7-10 giorni dalla frattura stessa e possono verificarsi per un periodo di
tempo compreso tra circa 1mese e mezzo -2 mesi, in effetti il limite ultimo è abbastanza
discusso)
Embolia adiposa ( presenza di lobuli di grasso che vengono ad essere convogliati lungo il circolo ematico
venoso che rimane pervio e permette al lobulo di penetrarvi e procurare danni anche abbastanza gravi legati
a fenomeni di tipo ostruttivo infatti questi lobuli ostruiscono i vasi polmonari e il soggetto muore per un
infarto polmonare ,ciò non succede invece nel vaso arterioso perché questo nel momento in cui viene ad
essere reciso tende a collabire perché ha una tunica media molto importante che tende ad occludere il vaso e
quindi il problema già si risolve; essa si ha in seguito alla rottura dei vasi endostali ma anche quelli vicini
all’osso)
Tromboembolia (coaguli di sangue che si formano dalla rottura dei vasi in seguito alla frattura e che possono
essere convogliati all’interno dei vasi; siccome molto spesso possono essere di grandi dimensioni questi
trombi possono fermarsi a livello delle vene dell’arto inferiore causandone la trombosi, se invece questi
trombi tendono a risalire possono causare ostruzione dei vasi polmonari e quindi anche la morte)
TARDIVE (avvengono a distanza di 2-3-4 mesi)
Piaghe da decubito (si hanno quando il soggetto sta troppo a letto cute e sottocute vengono ad essere
schiacciate, vanno in contro a una sofferenza ipossica e quindi alla necrosi
Cistopieliti (infezione delle vie urinarie)
Broncopolmoniti (infezione delle vie respiratorie)
Queste infezioni possono essere gravi a tal punto da portare alla morte del soggetto perché dipendono dal
fatto che per determinati tipi di terapia il soggetto è costretto ad un lungo allettamento, per cui si ha ristagno
dei secreti bronchiali e della vescica,ciò favorisce la possibilità che si sviluppino infezioni dell’apparato
respiratorio e urinario,senza quindi una stretta conseguenza del trattamento tanto è vero che nei soggetti
anziani si preferisce intervenire chirurgicamente o immediatamente proprio per prevenire questi allettamenti
prolungati.
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Malattie dell'apparato locomotore 10. Complicanze delle fratture: locali
IMMEDIATE
Esposizione delle fratture (esiste un pericolo infettivo elevato rispetto alle fratture chiuse)
Associazione della lussazione alla frattura (l’evento fratturativo è molto spesso conseguenza di un evento
traumatico che può determinare la frattura ma contemporaneamente anche la lussazione, si hanno così i
cosiddetti quadri di frattura-lussazione che viene ad essere una complicanza rispetto alla frattura semplice)
Lesioni viscerali (gli organi possono essere lesionati soprattutto nel caso di fratture scomposte; ad esempio
frattura delle coste può provocare la lezione della pleura del polmone, la frattura del bacino invece una
lesione vescicale)
Lesioni vascolo-nervose (la frattura sovracondiloidea dell’omero può provocare una lesione del nervo
mediano che scorre estremamente vicino al tessuto osseo quindi anche una lieve scomposizione può venire a
determinare un’interruzione di questo nervo)
PRECOCI
(- Sindrome di Volkmann)
Infezione del focolaio di frattura ( in realtà quest’infezione potrebbe essere legata strettamente
all’esposizione quindi dovrebbe essere messa tra le immediate solo che per manifestarsi ha bisogno di un
certo periodo di tempo ,ecco perché è collocata in questa categoria intermedia)
TARDIVE
Disturbi di consolidazione
Pseudoartrosi (significa falsa articolazione, perché è come se si venisse a determinare una nuova
articolazione con possibilità di movimento dei frammenti,è la forma più invalidante e dolorosa che
costituisce il danno più grave in cui la frattura non guarisce completamente infatti si parla di una mancata
consolidazione)
Ritardo di consolidazione (la frattura guarisce mettendoci molto più tempo rispetto ai tempi canonici
prefissati)
(cause dei disturbi di consolidazione:
-movimento interframmentario (affinché avvenga la callo genesi è necessaria l’immobilità dei frammenti)
-diastàsi (allontanamento) interframmentaria (quando in una frattura scomposta non abbiamo provveduto a
riportare i frammenti alla loro posizione morfologica iniziale, che quindi sono rimasti distanti e non hanno la
possibilità di potersi congiungersi)
-interposizione di parti molli (in caso di danno muscolare,alcune fibre dei muscoli possono interporsi tra i
frammenti creando ostacolo al processo di callo genesi fisiologico)
-infezione del focolaio (entra in diretto antagonismo con il processo di callo genesi)
-apporto vascolare compromesso)
Necrosi asettica (morte non infettiva ma legata alla mancata vascolarizzazione del segmento scheletrico,
esempio necrosi della testa de femore avviene nei soggetti anziani in cui si oblitera l’arteria del legamento
rotondo e la rima di frattura interrompe tutti i vasi che ci stanno in basso, quello in alto è già obliterato per i
fenomeni di aterosclerosi, ecco che la testa non è più vascolarizzata e va in contro a necrosi)
Vizi di consolidazione (nelle fratture scomposte deve essere sempre ricercata la riduzione, cioè i frammenti
devono essere riposizionati nella loro posizione morfologica iniziale, non sempre però questo avviene e se è
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Malattie dell'apparato locomotore stato fatto può essere perduto nel tempo e allora i frammenti si spostano e possono dare dei disturbi di
consolidazione oppure possono guarire ugualmente e dare i vizi di consolidazione con deformità di vario
tipo, il cui trattamento sarà quello di ricorrere a una nuova frattura quella chirurgica in maniera tale da essere
riallineati)
Artrosi post-traumatica (le fratture articolari sono più gravi rispetto a quelle extra-articolari perché vengono
a stimolare un processo degenerativo che poi si manifesta a distanza di anni che dà l’artrosi post traumatica)
Rigidità articolare (mancanza della normale escursione articolare,è una conseguenza stessa del trattamento,
per guarire una frattura deve essere mantenuta immobile per cui dobbiamo fare ricorso agli apparecchi
gessati che bloccano l’articolazione, se però questo blocco viene ad essere protratto nel tempo ecco che
possiamo avere la rigidità articolare;ad esempio una articolazione particolarmente sensibile è il gomito
infatti si tende a non immobilizzarlo per più di 30-40 gg soprattutto in soggetti anziani, perchè molto spesso
da problemi di ripresa funzionale)
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Malattie dell'apparato locomotore 11. Terapia per le fratture
Dobbiamo distinguere:
- terapia PROVVISORIA o IMMEDIATA,
a cui si ricorre nel momento in cui ci troviamo di fronte ad un soggetto che ha subito una frattura e deve
essere trasferito in un altro reparto specialistico per una seconda fase che è la terapia d’elezione, essa è
quindi soprattutto una terapia di immobilizzazione. Si può attuare in molti modi ad esempio anche con
giornali ripiegati nel caso di una frattura di polso,che non assicurano un’immobilizzazione eccezionale ma
che consentono il trasferimento del soggetto nella maniera meno dolorosa possibile. Le ambulanze del 118
oggi sono abbastanza fornite di:
docce ( cioè un mezzo gesso, dove l’arto superiore o inferiore può riposare e può essere legato con delle
fasce di garza)
ferule ( sono strutture metalliche semirigide che risultano essere modellabili in base alle caratteristiche
dell’arto da immobilizzare)
fasciatura di garza (detta fasciatura alla DESAULT ,con la quale possiamo immobilizzare dell’arto
superiore,ad esempio per le fratture di omero o anche per le lussazioni di spalla)
- terapia D’ELEZIONE (definitiva):
Riduzione (eventuale) e immobilizzazione
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Malattie dell'apparato locomotore 12. Riduzione delle fratture
Riduzione (vi si ricorre nel momento in cui dovessimo trovarci di fronte ad una frattura scomposta, nel caso
di una frattura composta invece si passa direttamente all’immobilizzazione):
- Incruenta (per segmenti ossei particolarmente piccoli, come le falangi delle dita o dei piedi o anche per
fratture di polso, si può ricorrere alla riduzione in estemporanea, cioè istantanea, immediata, cioè se siamo
davanti a una frattura scomposta tirando da un lato e dall’altro sfruttando le forze elastiche dei muscoli e dei
tendini i due frammenti vengono a riposizionarsi nella loro posizione originaria e quindi otteniamo la
riduzione con un meccanismo di trazione; parliamo di segmenti piccoli perché è un a manovra che è
dolorosa anche se fatta in anestesia locale e quindi dobbiamo tenere presente che questa riduzione non si può
eseguire in caso di ossa importanti come femore o tibia perché ci stanno dei muscoli che contratti si
oppongono alle nostre manovre; possiamo inoltre eseguire una trazione transcheletrica con la quale che
otteniamo una riduzione lenta e graduale nel tempo che può essere utilizzata in determinate sedi e in
particolari tipi di fratture, è basata sempre su un principio di trazione e contro trazione dove però la trazione
viene ad essere sfruttata applicando, previa anestesia locale, all’interno dell’osso un filo di trazione, che
prende il nome di filo di Staimann, montato su un trapano elettrico e sparato rapidamente all’interno per cui
il dolore è minimo, infatti in realtà è solo parzialmente incruenta però viene definita cruenta per
differenziarla da quella chirurgica; questo filo può essere introdotto in sedi ben precise: c’è una sede per
l’arto superiore che è il becco olecranico e tre sedi invece per l’arto inferiore che sonof i condili femorali,
per cui si parla di trazione transcondiloidea, l’apofisi tibiale anteriore proprio sotto al ginocchio, per cui si
parla di trazione transtibiale, e il calcagno, per cui si parla di trazione transcalcaneale. Una volta che questo
filo viene ad essere introdotto viene fatto fuoriuscire dalla cute da un lato e dall’altro e su questo filo viene
ad essere applicato un grosso semianello,che prende il nome di staffa, a cui viene applicato un filo che,
attraverso un sistema di carrucole particolari, termina in un peso, in pratica otteniamo una trazione lì dove
abbiamo applicato il nostro filo di trazione. Accanto alla trazione dobbiamo avere una contro-trazione che si
ottiene con la restante parte del corpo che tira e piano piano i frammenti tendono a riallinearsi; se ho una
frattura di gamba dove posso applicare questo filo di trazione affinchè questo sistema funzioni? Il filo di
trazione va applicato nel frammento distale, quindi distalmente rispetto al focolaio di frattura infatti in
questo caso va applicato a livello del calcagno)
- Cruenta o chirurgica (è il riposizionamento dei frammenti attraverso l’atto operatorio, oppure attraverso le
mani come abbiamo visto in estemporanea, o ancora con appositi strumenti, pinze che consentono ai
frammenti di ripristinare la configurazione anatomica iniziale)
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Malattie dell'apparato locomotore 13. Immobilizzazione incruenta delle fratture
Immobilizzazione incruenta (quella classica si ha con l’apparecchio gessato ma può avvenire con qualunque
altro mezzo di immobilizzazione come ad esempio la fasciatura alla desault che può essere una sia metodica
di primo approccio del trattamento ma può anche rientrare nella terapia di elezione; oppure le stecche di
zinco che possono essere opportunamente modellate, utilizzate ad esempio per l’immobilizzazione delle
fratture di falange delle dita legato poi con delle fasce di garza. Come si fa il gesso? Il primo momento
dell’apparecchio gessato è l’applicazione di una maglia tubolare che esiste di dimensioni diverse e che
serve a preservare la cute; successivamente sopra questa maglia si mette il cotone che serve ad imbottire il
gesso che potrebbe fare delle sporgenze; infine si passa la fascia gessata che viene bagnata in acqua tiepida
in maniera tale che si omogeneizzi e poi viene passata con decorso spiroide in modo che viene tutto
perfettamente omogeneo e che la spira superiore fa ottima presa sulla spira quella inferiore. L’apparecchio
gessato perché possa svolgere la sua funzione deve bloccare l’articolazione a monte e quella a valle rispetto
al focolaio di frattura, ad esempio se ho una frattura dell’avambraccio per ottenere una immobilizzazione di
questa frattura devo immobilizzare polso e gomito, quindi sia l’articolazione prossimale che distale rispetto
alla frattura; esistono diversi tipi di gessi: un gesso che va dal braccio fino alla mano prende il nome di
apparecchio gessato brachimetacarpale; se invece va da sotto il gomito alla mano si chiamerà
antibrachiometacarpale; inoltre abbiamo lo stivaletto che va da sotto il ginocchio e comprende il piede, la
ginocchiera gessata, ecc ecc)
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Malattie dell'apparato locomotore 14. Immobilizzazione chirurgica delle fratture
Oltre all’immobilizzazione incruenta possiamo avere anche un’immobilizzazione chirurgica quando
l’apparecchio gessato non mi garantisce nel tempo il mantenimento della riduzione, allora dobbiamo
ricorrere a qualcosa di tipo diverso come:
- Osteosintesi interna (il termine interno sta a significare che il mezzo di sintesi viene ad essere messo sotto
la cute: se mi trovo di fronte ad una frattura e devo andarlo a stabilizzare con un mezzo di sintesi metallico
o di altro tipo, il mezzo più semplice in assoluto è il filo di Staimanon o chiscner che se messo di traverso
passando da una parte all’altra va a stabilizzare la frattura, non è una stabilizzazione entusiasmante infatti si
può utilizzare per frammenti molto piccoli come le falangi delle dita; anche le viti messe in diagonale in
maniera tale che attraversano da parte a parte la corticale di un frammento e la corticale di un altro, il
problema di questi mezzi di sintesi è legato alla loro rimozione infatti esistono viti riassorbibili dal nostro
organismo intorno ad un anno e mezzo, ne esistono due tip di dimensioni diverse a seconda del frammento
da immobilizzare :viti da corticale con un passo più stretto e completo e viti da spugnosa con un passo più
largo e più ridotto; inoltre la cambra, funziona come una graffetta, viene ad essere inserito da tutti e due i lati
e blocca quindi il focolaio di frattura; vi è pure il cerchiaggio, è un filo metallico costituito da un ago oggi
utilizzato quasi esclusivamente per le fratture di rotula. Oltre a questi mezzi di sintesi interna non
estremamente stabili ne possiamo avere altri più stabili come per esempio le placche che esistono di diverse
misure, vengono messe a ponte rispetto al focolaio di frattura, tutti i fori devono essere riempiti con viti per
dare maggiore stabilità a meno che il foro non cada dentro il focolaio)
- Osteosintesi endomidollare (sfrutta un altro principio, la presenza a all’interno delle ossa lunghe del canale
midollare al cui interno possiamo calare il nostro chiodo endomidollare e ottenere la stabilizzazione della
frattura; teniamo presente che il nostro filo di chiscner se noi lo caliamo all’interno del canale midollare
diventa un mezzo di osteosintesi endomidollare; possiamo anche avere chiodi di tipo diverso, il problema di
questi chiodi calati all’interno del canale midollare è che bloccano i movimenti di flesso estensione ma non
bloccano i movimenti di rotazione o quantomeno li bloccano poco, quindi si sono inventati i chiodi
cosiddetti bloccati che vengono sempre ad essere calati all’interno, che presentano dei fori a livello dei quali
vengono ad essere introdotti con dei sistemi particolari di guide delle viti che li bloccano anche da un punto
di vista rotazionale, un esempio di chiodo bloccato è quello che viene introdotto chiuso ed è costituito da un
sistema che ne consente di aprire l’ apertura a torre eiffel sotto
- Fissazione esterna (Il problema dell’osteosintesi interna ed endomidollare è quello della rimozione del
mezzo una volta avvenuta la guarigione, per evitare la loro rimozione o per trattare soprattutto quelle che
sono le fratture esposte quindi potenzialmente infette possiamo ricorrere, per evitare che utilizzando altri
mezzi di sintesi come un chiodo, una vite o una placca che vanno a finire sul focolaio di frattura aumentando
i germi venga favorita un’eventuale infezione, alla fissazione esterna, di cui ne esistono diversi tipi, che
blocca la frattura a ponte, si mettono delle barre metalliche sopra e sotto la frattura, vengono fatte uscire
dalla cute e bloccate da un corpo, in pratica ottengo dall’esterno il blocco della frattura senza avere messo
alcun mezzo di sintesi sul focolaio di frattura che si trova a metà)
Protesi (In determinate situazione ci può essere l’evoluzione verso la necrosi asettica, perché la frattura ha
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Malattie dell'apparato locomotore interrotto l’unico vaso che serviva quella zona, ecco che allora dobbiamo ricorrere a qualcosa di diverso
perché non possiamo sperare nella formazione del callo, si va quindi a fare una protesizzazione. Le protesi
sono costituite da una componente femorale che va ad essere inserita nel canale midollare e sostituisce il
collo e la testa, e poi ci stà o ci può stare eventualmente l’altra componete articolare con cui si interfaccia e
cioè l’acetabolo chiamato in campo ortopedico cotile. Se sostituisco solo la testa del femore parlo di
endoprotesi, come ad esempio nella frattura del collo del femore, se le sostituisco entrambe parlo di
artroprotesi, come nel caso di una grave artrosi, ma ciò non toglie che in alcune fratture si fa anche
l’artroprotesi. Esistono due tipi di protesi: protesi cementate,in cui all’interno del canale midollare si mette il
cemento per bloccare il gambo, e protesi non cementate, che possono fruttare due diversi meccanismi, il
meccanismo del pre-spit cioè vengono a essere messe di dimensioni poco maggiori rispetto a quella del
canale in maniera tale che battute a pressione si espandono e si bloccano sulle pareti del canale midollare
oppure con un meccanismo, detto ancoraggio biologico, costituito da una superficie rugosa che fa
sanguinare all’interno il canale midollare, da questo sanguinamento si hanno i processi di callogenesi e si
formano delle espansioni ossee che tendono a bloccare la protesi stessa).
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Malattie dell'apparato locomotore 15. Lesioni meniscali
In ogni ginocchio vi è la presenza di 2 menischi, laterale o esterno e uno mediale o interno, e ancora di un
cosiddetto pivot centrale costituito da due legamenti, il legamento crociato anteriore e posteriore. I menischi
sono strutture semilunari, quello interno ha una forma a “C” allargata e quello esterno che invece ha una
forma a “C” più chiusa quasi simile ad una “O”. A livello di ciascun menisco abbiamo la possibilità di
distinguere diverse parti, più precisamente un corno anteriore, un corpo e un corno posteriore, inoltre
andando dall’esterno verso l’interno quindi dalla parte più a contatto con la capsula a quella più interna del
ginocchio si distinguono tre differenti zone:
-zona esterna che rappresenta essere anche la parte più spessa in altezza del menisco che prende il nome di
parte esterna o capsulare, in realtà le definizioni possono essere diverse;
-zona intermedia
-bordo libero, ricordiamo che in sezione il menisco viene ad avere una struttura di tipo triangolare quindi la
parte più esterna è la parte più alta e man mano che ci si porta all’interno il menisco si assottiglia fino al
bordo libero che rappresenta essere molto più sottile.
I menischi sono fibrocartilagini (nel nostro organismo abbiamo altre fibrocartilagini come il cercine
glenoideo a livello della spalla,i menischi dell’articolazione temporo-mandibolare, i dischi intervertebrali,
ecc ecc) che per moltissimi anni sono state ritenute strutture non vascolarizzate, in realtà degli studi
microangiografici hanno dimostrato che in effetti ci sono piccolissimi vasi capillari che nascono dai vasi
capsulari e si addentrano a livello della struttura meniscale, più precisamente a livello del bordo esterno o
bordo capsulare, questi vasi tendono a scomparire fino ad essere del tutto assenti a livello del margine
libero; questa situazione va a condizionare il trattamento delle lesioni meniscali.
Classificazione di Arnoczwye e Warren: chi studiò questo tipo di situazione venne a suddividere il menisco
in tre zone, di cui
-quella più esterna e vascolarizzata era la zona cosiddetta rosso-rosso,
-una seconda zona è quella intermedia dove i vasi diventano meno rappresentativi ed è detta rosso-bianco o
bianco rosso che dir si voglia,
-mentre la terza zona non vascolarizzata corrispondente al margine libero del menisco è invece la zona
bianco-bianco.
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Malattie dell'apparato locomotore 16. Funzioni dei menischi
-interponendosi tra i condili femorali e i piatti tibiali, aumentano la congruenza articolare,
-limitano i movimenti di flesso-estensione ai grandi estremi, che potrebbero determinare una sub-lussazione
articolare del ginocchio perché noi sappiamo che la superficie articolare dei condili femorali è ben maggiore
rispetto a quella dei piatti tibiali, quindi esistono diverse strutture che limitano lo scivolamento dei condili
femorali sui piatti tibiali, e fra questi anche i menischi che
-migliorano globalmente la stabilità del ginocchio.
-lubrificano e nutrono l’articolazione: I menischi non lubrificano l’articolazione in maniera diretta, perché la
lubrificazione spetta al liquido sinoviale secreto dalla membrana sinoviale, in realtà però la loro presenza
facilita la diffusione all’interno dell’ambiente articolare del liquido sinoviale; quindi possiamo dire che essi
nutrono e lubrificano ma in maniera indiretta.
Possono andare in contro a lesioni di vario tipo, soprattutto in ambito sportivo.
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